CHIESA METODISTA DI SALERNO
e diaspore di Albanella e Ottaviano
Il Metodismo
Esso appartiene ai "movimenti di risveglio" (in inglese: revival o awakening), che rappresentano una componente spirituale costante del mondo protestante e si propongono di riportare la spiritualità evangelica al centro della vita delle chiese, quando queste appaiono troppo istituzionalizzate o la speculazione teologica rischia di rendere la fede eccessivamente astratta e lontana dall’esperienza esistenziale del singolo credente.
I risvegli non hanno avuto quasi mai intenti scismatici; solo quando la reazione delle strutture ecclesiastiche esistenti ha opposto un muro di conservatorismo senza aperture è sorta la necessità di creare formazioni autonome. In termini teologici i risvegli rivalutano i principi fondamental della fede cristiana, basati sulla centralità di Cristo e della Bibbia.
Dal punto di vista etico la fede riscoperta non è semplice adesione, seppure viva e partecipe, ma comporta un rinnovamento completo della vita personale. Un termine molto usato è "conversione", che non significa il passaggio da una chiesa all'altra, bensì il cambiamento da una esistenza dominata dalle suggestioni del "mondo" a una vita che ha come centro la persona di Gesù il Cristo, attraverso una decisione personale e un'esperienza interiore.
LA NASCITA del METODISMO
Il movimento metodista nacque nell’Inghilterra del XVIII secolo, per opera di un pastore anglicano, John Wesley (1705 1791), il cui intento originariamente era quello di creare una corrente di risveglio all’interno della Chiesa anglicana, in un’epoca particolarmente delicata e difficile, caratterizzata dalla nascita della rivoluzione industriale. Wesley costituì inizialmente una associazione di studenti ad Oxford, che si prefiggeva di suddividere “metodicamente” la giornata fra lo studio della Bibbia, la preghiera e il servizio ai carcerati e alle persone in situazioni sociali di povertà e abbandono:
da qui il nome di metodisti (originariamente dato in senso denigratorio dagli avversari).
In seguito Wesley viaggiò nel Nord America e, attraverso la chiesa dei Fratelli Moravi, si avvicinò alle radici luterane, focalizzate nel concetto dell’amore di Dio che perdona e salva per sola grazia mediante la fede, e che offre la sua grazia indistintamente a tutte le creature umane, le quali possono accettarla o rifiutarla.
L’esperienza spirituale metodista si basa sulla conversione all’Evangelo e sulla santificazione, cioè la risposta del credente all’amore di Dio, attraverso un impegno a trasformare la propria vita.
Una felice intuizione di Wesley è che Dio ha dato tutto, per cui tutto noi dobbiamo dare. C’è dunque un collegamento indissolubile tra la salvezza ricevuta come dono e l’impegno verso il prossimo. Da qui deriva la forte inclinazione del metodismo all’intervento nel sociale, che si esplica al di fuori della propria cerchia, in ogni luogo dove vi sono situazioni di ingiustizia. Significativo il motto di Wesley “la mia parrocchia è il mondo”.
I convertiti alla nuova fede furono anzitutto i derelitti della società, i minatori, i contadini, il ceto povero delle città industriali. Successivamente essa finì per attrarre anche i componenti del ceto medio.
Fin dall'inizio il metodismo si caratterizzò come movimento essenzialmente popolare, attento al miglioramento dell'uomo nella sua totalità e pienezza di personalità: proprio per questo esso si fuse con la vita sociale del tempo.
Infatti non è possibile predicare la salvezza, l'amore di Dio, la fratellanza in Cristo per ogni uomo, senza promuovere al tempo stesso l’intento di stabilire una società nuova, che rispetti la dignità, il valore e i diritti di ognuno. Wesley predicò soprattutto in ambiente popolare, organizzando i fedeli in piccoli gruppi (classi).
Vista la scarsa adesione di pastori anglicani, decise di autorizzare l'uso di predicatori laici, che divennero ben presto una delle strutture portanti del metodismo.
La separazione ufficiale del metodismo dalla Chiesa Anglicana avvenne solo nel 1795, quattro anni dopo la morte di Wesley, che lasciò un'organizzazione forte di 135.000 fedeli e di 541 predicatori itineranti.
Il metodismo coinvolse dapprima Inghilterra e Nord America e poi, per l’attività dei suoi missionari, si diffuse ben presto in Europa e nel resto del mondo.
CARATTERI e PRINCIPI DOTTRINARI
Il metodismo è essenzialmente una fede pratica e non dogmatica; la teologia metodista ha tuttavia alcuni riferimenti caratterizzanti, che enfatizzano il rapporto personale con Dio. Anzitutto la salvezza per sola fede, estesa a tutti i credenti (all’epoca dei grandi dibattiti settecenteschi, Wesley si ispirò all’arminianesimo, contro la dottrina della predestinazione). Inoltre il principio della santificazione, cioè lo sforzo nella ricerca della perfezione riguardo alla propria condotta, attraverso la fede e soprattutto l’opera dello Spirito Santo, pur nella consapevolezza del condizionamento derivante dalla natura umana.
Il centro della teologia metodista non è quindi il peccato dell'uomo che lo ha reso indegno di fronte a Dio, ma la grazia di Dio che restituisce a quello stesso uomo la figliolanza per mezzo della fede in Cristo. L'individuo che ha accettato la grazia di Dio e si è convertito al Cristo è una creatura completamente diversa rispetto a prima: per questo si può parlare di una nuova nascita. I sacramenti, come per tutte le chiese protestanti, sono solo quelli indicati dai Vangeli: Battesimo e Santa Cena (o Eucaristia), quest’ultima considerata in termini simbolici della presenza spirituale del Cristo. La creazione di una chiesa istituzionale non contrasta con il modello dei piccoli gruppi di credenti, che erano già presenti nella chiesa delle origini; così il metodismo prevede l’istituzione di classi, luogo ideale per l’adorazione, l’approfondimento dottrinario e la testimonianza, sia diretta evangelizzazione) che indiretta (azione nel sociale).
Peculiare caratteristica del metodismo è l’avere, accanto ai pastori consacrati, un rilevante numero di predicatori laici (uomini e donne), i quali svolgono un importante ruolo nella evangelizzazione e nella predicazione, dopo aver ricevuto una adeguata preparazione teologica.